Un tema molto attuale in tempi di piena pandemia è sicuramente quello dei mancati pagamenti sulle locazioni / affitti di immobili.
Non parliamo solo di immobili abitativi (quelli in cui c’è il proprietario di casa e l’inquilino), parliamo soprattutto degli immobili strumentali ovvero quelli funzionali allo svolgimento dell’attività d’impresa o della professione. Pensiamo ai magazzini, ai negozi, agli uffici e ai capannoni.
E’ lecito domandare al proprietario una riduzione del canone di locazione, o addirittura non provvedere al pagamento? Che responsabilità civili ci sono se non si pagano i canoni?
Se vogliamo terminare il contratto è possibile farlo e con che modalità?
E se invece non vogliamo lasciare l’immobile ma siamo momentaneamente a corto di denari?
Il diritto privato, in tutti questi casi, ci viene in aiuto con svariate soluzioni pratiche :
La risoluzione del contratto
E’ possibile utilizzare questo istituto per sciogliersi dal vincolo contrattuale quando:
Una delle due parti è inadempiente e cioè non esegue la prestazione per cui si è obbligata. Nel nostro caso se l’affittuario non paga l’affitto, il proprietario potrebbe richiedere la risoluzione del contratto per inadempimento.
Impossibilità sopravvenuta. Questo significa che per cause indipendenti dalle parti, una delle due non è più in grado di adempiere a quell’impegno per cui si era obbligata. Se l’impossibilità è totale il contratto si risolve di diritto. Se invece è parziale ( l’altra parte può decidere o di recedere dal contratto oppure stabilire che la propria controprestazione venga ridotta).
Eccessiva onerosità: questa terza fattispecie si verifica quando in un determinato momento le parti prendono un accordo che poi, a causa di eventi inaspettati e imprevedibili, diventa particolarmente gravoso per una parte e vantaggioso per l’altra, portando a un disequilibrio delle condizioni inizialmente pattuite.
La risoluzione puo’ essere:
Giudiziale : si fa domanda al giudice affinché si pronunci sullo scioglimento del contratto.
Legale: in questo caso quando una parte è inadempiente non si ricorre al giudice ma deve essere notificata una diffida ad adempiere il pagamento della prestazione ( il termine non può essere inferiore a 15 giorni).
Oppure il contratto può prevedere già al suo interno che al verificarsi di determinate condizioni una delle parti è libera dal vincolo ( clausole risolutive espresse).
Infine se una delle parti, non adempie violando un termine essenziale per la controparte. In altre parole la prestazione ha valore per una delle parti solo se viene rispettato un determinato termine temporale. Oltre quel termine la prestazione perderebbe di significato e di conseguenza si configura per la controparte un inadempimento che fa scattare l’obbligo del risarcimento del danno.
In linea di principio la parte che viene meno ai propri obblighi è tenuta al risarcimento del danno.
Locazioni e affitti: possibili soluzioni
Torniamo ora nel mondo delle locazioni e degli affitti. Gli effetti economici del Covid ( minor reddito, minori incassi) possono determinare per la parte che paga, un impossibilità sopravvenuta? In altre parole posso rifiutarmi di pagare un affitto (di un negozio, un capannone, un ufficio, ecc..) appellandomi al fatto che il Covid non mi ha permesso di adempiere normalmente?
La risposta a questo quesito è negativa. La prestazione che ha per oggetto il pagamento di una somma di denaro (obbligazione pecuniaria) è sempre possibile.
Quindi le difficoltà nel pagamento nel canone non ne determinano un’impossibilità.
Inoltre dal punto di vista dell’affittuario “dare in godimento a qualcuno un determinato spazio” non diventa mai una prestazione impossibile neanche con il Lockdown.
Quindi la strada della risoluzione per impossibilità sopravvenuta è da escludere.
Quali sono allora i rimedi possibili per il conduttore:
- In base all’art.1467 del codice civile il conduttore potrebbe richiedere la risoluzione del contratto per eccessiva onerosità sopravvenuta ( giocano a favore eventi inaspettati e imprevedibili come la pandemia).
- In ogni contratto è sempre previsto un congruo termine entro il quale recedere ( normalmente 6 mesi). Si comunica il recesso alla controparte, si pagano gli ultimi affitti e passato il termine si è liberi dal vincolo contrattuale.
- Sopravvenuta impossibilità dell’utilizzo del bene. Pensiamo ad esempio a un lavoratore del Sud che prende casa a Milano in affitto per poter lavorare. La causa del contratto è sicuramente “ avere una casa vicino al luogo di lavoro per poter svolgere la propria attività”. La pandemia in questo caso fa venir meno la causa di quel contratto in quanto il lavoratore non ha più bisogno di uno spazio fisico a Milano in quanto potrebbe svolgere lo stesso le proprie mansioni lavorative da casa propria. La pandemia fa venir meno quelle condizioni/ presupposti iniziali che hanno portato alla conclusione dell’accordo. In base all’art. 1463 del codice civile bisogna tuttavia verificare se esistono tutte le condizioni per sciogliere il vincolo contrattuale.
- Al conduttore/affittuario magari non interessa sciogliere il vincolo contrattuale. Egli vuole continuare a godere dell’immobile ma ha delle difficoltà temporanee nei pagamenti. Se l’affittuario non paga il locatore, al fine di tutelarsi, quest’ultimo può richiedere al giudice una procedura di sfratto per morosità con richiesta di ordinanza provvisoria di rilascio. Nella maggior parte dei casi ne il locatore e ne il conduttore vogliono arrivare a questo. In quanto il primo ha ancora interesse nell’essere pagato e il secondo nello svolgere la propria attività nei locali che sono di proprietà del primo. In questo tipo di situazioni, dove i rapporti storici tra locatore e conduttore sono sempre stati ottimali, la strada migliore è un accordo di pagamento (dei canoni non pagati) oppure una rinegoziazione dell’accordo.