Uno dei temi più interessanti in periodo di lockdown o limitazione agli spostamenti individuali è sicuramente quello legato ai viaggi.
Molti di noi avranno magari programmato di fare un bel viaggio in Europa o all’estero (magari in previsione di festività imminenti) ma all’improvviso è arrivata la stretta da parte del governo con nuovi DPCM che limitano la libertà degli individui al fine di salvaguardare il bene collettivo principale: la salute.
A questo punto, dopo aver pagato il mio bel biglietto (supponiamo un biglietto aereo), la compagnia mi propone in genere 2 soluzioni: la prima è il rimborso in denaro del viaggio. Tale soluzione tuttavia non è la più praticata e i motivi sono di puro carattere economico.
Pensate solo ai problemi di liquidità che un azienda dovrebbe affrontare, per cause non imputabili alla propria gestione, nel caso che dovesse restituire a tutti i propri clienti viaggiatori i soldi per i viaggi non effettuati. L’azienda si ritroverebbe improvvisamente spolpata delle risorse che permettono il proprio sostentamento e magari sarebbe costretta a tagliare costi fissi o personale.
Ecco quindi che questa soluzione del rimborso diretto di denaro al cliente non è certo quella che soddisfa i vertici aziendali. La soluzione migliore potrebbe essere quella di offrire ai propri clienti un voucher, spendibile nei mesi futuri, per usufruire dei servizi di viaggio, magari cambiando oltre che la data (inevitabilmente) anche la destinazione.
Questa soluzione tuttavia se da un lato è quello che aiuta le aziende a preservare liquidità, non è certo la soluzione preferibile dai clienti. La maggior parte dei consumatori infatti preferisce il rimborso del biglietto del viaggio in denaro. Se in un contratto esistono prestazione ( il servizio di trasporto) e controprestazione (pagamento del prezzo), in questa fattispecie particolare il doppio scambio non si realizza. Il cliente si ritrova a pagare un prezzo per una prestazione che non ha ancora usufruito.
A questo punto, per far valere le proprie ragioni, il cliente ha diritto a pretendere il rimborso del viaggio in denaro? Oppure deve accontentarsi di un voucher come risarcimento per un viaggio che non sa’ ne dove e ne quando potrà sfruttare? E se invece il cliente insiste con la compagnia nel voler ricevere il denaro al posto del voucher, chi ha ragione tra le parti? La pretesa è legittima oppure anche la compagnia può far valere qualche diritto per ragioni legate alla propria sopravvivenza?
A chiarire questa disputa è intervenuto il D.L 34/2020 poi convertito con la L. 77/2020 in cui si stabilisce una regola semplice che crea una sorta di mediazione tra gli interessi contrapposti delle due parti. La compagnia da un lato ha il diritto di rifiutarsi al rimborso diretto della prestazione se in alternativa offre il voucher al proprio cliente.
Qualora però, il cliente, nel termine di 18 mesi, da quando ha ricevuto il voucher, non è in grado di spenderlo, è legittimato a chiedere il rimborso diretto in denaro alla compagnia.
In buona sintesi se il cliente ha pazienza di aspettare ha sempre diritto al rimborso in denaro. La compagnia dall’altro lato per un periodo fissato dal legislatore in 18 mesi evita di dissanguarsi dal punto di vista finanziario.
La soluzione è semplice e trova un punto d’incontro tra le parti. E voi cosa ne pensate?